La lampada a incandescenza è una fonte luminosa artificiale, funzionante sul principio dell'irraggiamento di fotoni generato dal surriscaldamento di un elemento metallico.
|
Nel 1878 Thomas Alva Edison riuscì a costruirne un modello sufficientemente durevole.
|
La lampada a incandescenza è una sorgente luminosa in cui la luce viene prodotta dal riscaldamento (fino a circa 2700 K) di un filamento di tungsteno attraverso cui passa la corrente elettrica. Si sfrutta infatti l'effetto Joule per ottenere un forte riscaldamento del filamento, fino a portarlo a temperature tali che lo spettro di corpo nero corrispondente contenga componenti visibili sufficienti per illuminare; tale riscaldamento comporta, di conseguenza, un aumento della resistenza elettrica e quindi una diminuzione della potenza dissipata. Si giunge così ad un equilibrio dinamico in cui la resistenza elettrica opposta dal filamento di tungsteno al passaggio della corrente elettrica assume un valore stazionario che bilancia la potenza dissipata per effetto Joule. Durante il funzionamento il tungsteno sublima, e il filamento diventa sempre più sottile, fino a spezzarsi dopo circa 1000 ore di funzionamento. Oltre che in calore l'energia elettrica viene convertita in luce, ma soltanto in una misura compresa tra il 5 e il 10%. Nelle lampadine moderne il bulbo di vetro non è vuoto ma contiene un gas inerte a bassa pressione, di solito Argon, più raramente Kripton. Quest'ultimo consente una resa superiore del 10% circa a parità di potenza. Questi gas riducono i rischi di implosione e prolungano la vita del filamento. Inoltre la presenza del gas Argon/Kripton riduce l'annerimento del bulbo dovuto al deposito del tungsteno che sublima.
|
Al momento dell’accensione della lampada, poiché il filamento è freddo e la sua resistenza è bassa, si determina un picco di assorbimento della durata di pochi decimi di secondo e del valore di 10-12 volte la corrente a regime
|